La vita dei contadini.

La vita dei contadini è stata la vita dei miei genitori, mio padre si chiamava Giuseppe e mia madre Ines.

Da quando sono nato ho sempre vissuto in cascina, e quindi partecipavo attivamente alla vita del contadino.

In questa pagina vi racconterò della mia vita da giovane tralasciando per adesso le mia vita da scolaro.

Mia madre era di Tribiano, e mio padre di Merlino,e mi raccontavano  che subito dopo la seconda guerra mondiale era giunta voce a lei e a mio padre che nel territorio tra Melegnano e Sant'Angelo Lodigiano c'era molto lavoro da fare nei campi.

Così presero le loro quattro cose e fecero SanMartino (oggi si dice traslocco), e si trasferirono nella cascina Guastalla.

Il lavoro era veramente tanto e i miei genitori avevano già un figlio, quindi il lavoro era una manna,anche se a dir il vero non è che guadagnassero molto. Mio padre sapeva fare diversi mestieri. Faceva il "cavalant" come lo chiamava lui il lavoro che aveva il compito di badare ai cavalli.

Faceva il mestiere del "campè", il "campè" come si chiameva allora, aveva il compito di irrigare i campi le marcite ecc... Era un lavoro che portava via molto tempo, mi diceva mio padre che doveva lavorare anche di notte, e richiedeva una conoscienza ben precisa dei corsi d'acqua detti anche fossi o rogge.

Lui praticamente era come se dovesse dominare delle piccole dighe che erano messe lungo i canali che portavano l'acqua nei campi. Lui lavorava con i "suin", i "suin" non erano altro che delle assi di legno resistente all'aqua. I fossi o canali o rogge (chiamateli come volete) avevano dei punti in qui l'uomo per deviare l'acqua in altri canali aveva cosruito delle piccole dighe in cemento con ai lati una fessura, una per ogni lato, e in queste fessure che erano fatte di ferro, si faceva scorrere dentro i cosidetti "suin". Se avevano bisogno di far scorrere l'acqua in altri canali i "suin" li mettevano, in modo che l'acqua si fermava li e il suo livello saliva fino ad arrivare al punto giusto, quindi toglievano i "suin" dalla piccola digha del canale dove l'acqua doveva scorrere per poi irrigare i campi, per cui era un lavoro che impegnava tempo e conoscenza dei corsi d'acqua e anche gli orari, perchè veniva stilato un calendario con giorni e ore di quando un propietario terriero, pagando una tariffa, poteva usare l'acqua per i suoi fabbisogni.

Altro mestiere di mio padre era curare l’essicatoio. L’essicatoio serviva per seccare e pulire il raccolto del riso, che una volta seccato e pulito veniva mandato sul granaio con una macchina che chiamavano “fachinera”.

La fachinera era una specie di cinghia molto lunga alla quale erano attaccati come dei mestoli in metallo che girando raccoglievano il riso e lo trasportavano in giro per l’essicatoio sino ad arrivare sul granaio. Io ero un ragazzino e ricordo che all’essicotoio davo una mano a mio padre.

Naturalmente non c’era solo il raccolto del riso ma anche quello del granoturco, oggi lo chiamano mais.

Ricordo che quando ero ragazzino, si coltivavano nei campi, anche le zucchine, le verze, che come dicevo prima mio padre andava per conto dell’affittuario o il coltivatore diretto, come si dice adesso, a vendere. Attaccava il carro che aveva le sponde alte, al cavallo, e andava nei paesi vicini a vendarle.

Anche la raccolta delle zucchine era un lavoraccio duro e faticoso. Si andava nei campi, si raccoglievano la zucchine, si caricavano sul carro e venivano portate in cascina, li c'erano altri uomini e donne pronti a scaricare il carro. le zucchine una volta scaricate venivano messe in grossi recipienti pieni di acqua e venivano pulite. Una volta pulite venivano messe in cassette di legno e portate all'orto mercato di Milano e vendute. Era un lavore da svolgere tutti i giorni, e durava tutto il periodo estivo.

La vita in cascina anche se povera, era per me molto bella. Le famiglie che la abitavano erano molte, e quindi anche i lavoratori erano tanti, Ricordo che solo i mungitori erano 5, ( in dialetto “famei”) ed erano quelli che mungevano il latte alle mucche nella stalla.

Ricordo che d’ inverno, nel giorno di Sant’Antonio, protettore degli animali, alla sera andavamo in stalla a recitare il Santo rosario. Sebbene fuori faceva molto freddo, in stalla si stava bene.

I momenti più belli della vita in cascina era, per me, il periodo del raccolto, la vita in cascina diventava più frenetica ed era un movimento unico di uomini e di macchine tipo: trattori, carri ecc…

Mio padre in cascina faceva anche altri mestieri, andava nei prati a tagliare l'erba con la falce e una volta seccata l'erba diventava fieno e li poi si andava a raccoglierlo e con la forca si caricava sul carro, si portava in cascina e si metteva al riparo dalle intemperie.

 

La cascina Guastalla, la corte all'entrata. Foto 1 e foto 2

La cascina Guastalla: l'aia e sullo sfondo la stalla.

Cascina Guastalla: la stalla vista da fuori.

Cascina Guastalla: il portico della stalla.

La cascina Guastalla: quello che rimane dell'essicatoio.

La piccola diga o la chiusa con ai lati le fessure ricoperte di ferro dove si infilavano i "suin".

La risaia con sullo sfondo la cascina Guastalla

Cascina Guastalla: il vecchio granaio.

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