La mondina e i lavori dei miei genitori

E' venuto il momento di parlare di mia madre e del suo lavoro in cascina. Il lavoro più duro che le toccava fare, oltre che badare alla casa, era la mondina.

Fare la mondina era molto duro veramente, sempre sotto il sole, la schiena curva e le gambe sempre immerse nell'acqua, le conseguenze di questi lavori così duri si pagano quando si comincia a diventare anziani, quando si è pieni di dolori reumatici, senza contare che mia madre, come tutte le altre madri contadine, aveva da badare anche alla casa e alla famiglia.

Mia madre mi raccontava che mentre loro erano con le gambe nell'acqua e la schiena curva, il padrone della terra era sulla riva del fosso a controllare se tutto andava bene. Capitò anche che le mondine gli chiedessero un po di acqua perchè avevano sete, e lui gli rispondeva, "fate la pipì e bevete quella"un vero villano, dovesse dire certe cose oggi non credo che la passerebbe liscia.

Un altro lavoro che faceva mia madre era raccogliere il granoturco nei campi, adesso ci sono le macchine, ma allora veniva raccolto tutto a mano e caricato sui carri, veniva portato in cascina e scaricato sull'aia, al granoturco bisognava togliere i cicchi e per fare questo c'era la trebbiatrice, ma quello che non faceva la trebbiatrice, lo facevano le contadine a mano, un bel lavoraccio anche li.

Avevamo il pollaio dove allevavamo i polli, e dietro il pollaio c'era il recinto, così le galline avano la possibiltà di avere un po di libertà e nel cortile gironzolavano e ruspavano il terreno in cerca di cibo, da qui il nome "galline ruspanti". Naturalmente mia madre e mio padre  gli preparavano da mangiare, il loro mangiare non era certo il mangime di adesso ma era tutta roba fatta in casa, era un inpasto di farina di granoturco, che i miei genitori andavano a comperare dal mugnaio, poi ci mettevano "l'insalata mata", così si chiamava, e si andava a raccoglierla nei campi, oppure l'insalata a foglia larga che si coltivava nell'orto appositamente per le galline e il tutto veniva mischiato aggiungendo dell"acqua. Per noi era un risparmio, non andavamo mai a comperare la carne di pollo, e nemmeno le uova e, oltretutto era tutto cibo genuino.

Per risparmiare ancora di più,(i soldi non erano molti) dopo il raccolto del granoturco, si andava nei campi a spigolare, ovvero a raccogliere le pannocchie che erano rimaste nei campi, e mi ricordo che alla sera ci mettavamo seduti in cucina su uno sgabello a sgranocchiare le pannocchie a mano, e i chicchi di granoturco li portavamo dal mugniaio che li macinava per farli diventare farina. Io davo volentieri una mano a fare tutti questi lavori perchè capivo che erano utili per tutta la famiglia.

C'ere anche l'orto da coltivare, si coltivava di tutto, insalata, rapanelli, carote, cavoli, melanzane, sedano, prezzemolo, fagioli, cipolle, aglio e tante altre cose tra qui i pomodori con i quali si faceva la salsa. La salsa per chi, non lo sapesse, era come la passata di pomodoro di adesso, e produrre la salsa era un altro lavoraccio. Si producieva a metà settembre circa, quando i pomodori erano maturi.

Si adava nell'orto con dei recipienti tipo i secchi dell'acqua, si raccoglievano i pomodori e si mettevano nei secchi, una volta pieno, il secchio veniva portato in cortile, e li c'era un pentolone con dentro dell'acqua, e questo pentolone era incastrato dentro a una costruzione rotonda fatta di cemento, e in basso c'era una fessura come se fosse una porticina, dove veniva messa della legna che veniva bruciata per fare il fuoco che serviva per far scaldare  l'acqua, era come una specie di stufa ma più grande. La legna per fare il fuoco, un po si comperava, e un po si andava a raccoglierla nei campi in autunno quanto i contadini andavano a tagliare i rami delle piante, in dialetto "scalvà" e con i rami tagliati si facevano le fascine, ovvero, si raccoglievano i rami si mettevano ben in ordine e a mucchi, e con la corda si legavano e si portavano in cascine a si mettevano sul "casinot", così si chiamavano in dialetto, che erano delle costruzioni che si trovavano nel cortile dei contadini, sotto c'erano i pollai, e soppra tra il pollaio e il tetto c'era questo spazio libero, che il contadino usava per mettere al riparo il legname e altre cose come le cipolle e l'aglio.

Ma non è finita, non si buttava via niente di quello che serviva. Quando, sempre in autunno si tagliavano gli alberi, sulla riva rimanevano le radici,"i sep" come li chiamava mio padre, adesso le radici le lasciano li a marcire, ma all'ora, e io ho fatto in tempo a vedere tutte le cose che vi sto raccontando, le radici si strappavano dal terreno, con l'aiuto dei cavalli prima e con i trattori poi. Era un lavoraccio anche quello. E una volta strappata la radice dalla terra si legava al cavallo o al trattore e si portava in cascina, dove con una accetta le radici delle piante, e vi assicuro che non erano piccole, venivano fatte a pezzi. una volta fatte a pezzi i mie genitori chiamavano chi aveva una macchina apposta per tagliare su misura i pezzi di legno di radice per farli entrare nella stufa di casa o in quella spece di stufa grande che descrivevo prima, quando raccontavo di come fare la salsa.

Ebbene torniamo alla salsa, i pomodori raccolti venivano buttati nel pentolone e fatti bollire, una volta bolliti si mettevano in una macchina, questa macchina , era tutta manuale, in alto aveva un recipiente dove si mettevano i pomodori bolliti, c'era una manovella, e ricordo che mentre io giravo la manovella, mia madre metteva i pomodori bolliti nel recipiente, e dal davanti usciva il sugo di pomodoro, e sul retro gli scarti come la pelle e i semi.

Una volta spolpati tutti i pomodori, il sugo di pomodoro veniva fatto bollire con l'aggiunta di verdure dell'orto per dargli più sapore e capacità nutrizionali. Ragazzi, fare la salsa era una cosa fantastica.

Una volta ben bollito il sugo veniva inbottigliato, e per conservarlo, prima di mettere il tappo gli si aggiungeva una piccola parte di olio d'oliva che rimaneva in superfice e poi la bottiglia vaniva chiusa. Avevamo sugo di pomodoro per tutto l'anno.

Mia madre, per guadagnare qualcosa in più, andava, quando serviva, a fare le pulizzie in casa del proprietario terriero.

Anche il maiale faceva parte della cultura contadina. Si comprava il maiale che era ancora piccolo e si allevava. Si metteva il maiale in una spece di capanna ben robusta che ogni contadino si costruiva, e li gli si dava da mangiare, e, quando veniva l'inverno e il maiale era ben grasso si chiamava "el masular", il quale aveva il compito di uccidere il maiale, e con la carne del maiale ucciso ricavare più roba commestibile da poter mangiare tutto l'anno.

Si uccideva d'inverno anche per questioni igeniche, con il freddo la carne si conservava meglio e non attirava nessun tipo di insetto.

Dal maiale il "masular" ricavava tanta buona roba da mangiare, il salame, le salsicce, le "luganeghe"come le chiamavamo noi, erano sempre come dei salami ma molto più piccoli, il lardo, che era buonissimo per fare il brodo, la "cudegha" che era lo strato che stava sotto la pelle del maiale, anche lei molto buona da mangiare nel piatto con la minestra. Poi c'era anche la lingua, "el cuin" che era la coda del maiale, "el sampin" che era la zampa del maiale, anche le orecchie erano buone.

Ricordo che il salame per farlo stagionare veniva legato a delle pertiche di legno, tipo un manico del badile, e veniva portato in un luogo fresco, i miei genitori lo portavano nelle camere da letto che allora non erano riscaldate, e appendevano le pertiche con i salami al "baldichin", il "balduchin" era nient'altro che dei ganci incementati nel muro del soffitto, e li stavano finchè non erano ben stagionati. Tutta roba buona da mangiare e che durava tutto l'anno.

Questo altro racconto fa capire come il mondo sia cambiato, ma non solo nel modo di vivere, ma anche come sia cambiato il territorio e l'ambiente nel quale viviamo. Il primo dei miei tre fratelli, Antonio, si era ammalato alla gola o qualcosa del genere. Mia madre lo portò dal dottore, il dottore dopo averlo visitato, gli prescrisse i farmaci che la medicina di allora metteva a disposizione e le disse "signora, lei tutte le mattine quando è ancora fresco, prenda in braccio suo figlio e vada a fare una lunga passegiata in mezzo agli alberi". Così mia madre fece, appena fuori dalla cascina c'era una strada lunga che portava in mezzo ai campi, era stata fatta per dare la possilbilità ai contadini di raggiungere i campi di lavoro, e questa stradina era un lungo filare di alberi. Così mia madre prese in braccio mio fratello e tutte le mattine lo portava a fare lunghe passeggiate in mezzo a quel filare di alberi ricchi di ossigeno finchè mio fratello guarì. Quella strada esiste ancora (la potete vedere nella foto da me pubblicata in questa pagina), ma il filare di alberi no.  

Contadino scarpe grosse e cervello fino.

Come potete capire dalle cose che ho scritto sin'ora, la vita dei contadini era molto dura ma ricca di valori umani e tanta voglia di lavorare, era una economia reale, certo non c'erano le comodità di adesso, ma c'era più amore e più fiducia nel futuro. Se noi abbiamo quel che abbiamo è grazie a loro, al loro duro lavoro e al grande spirito di sacrificio.

 

La mondina

La trebbiatrice.

Il pollaio

Macchina per fare la salsa

Il maiale

La cascina Guastalla: i casinot

Cascina Guastalla: il retro dei casinot dove c'era il recinto con dentro le galline.

La sepa o radici delle piante.

La strada con i filari di alberi che non ci sono più.

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